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PER LA VIA DEL TŌKAIDŌ: INTERVISTA A GIORGIO SUMI

  • WorstCollective
  • 8 mag 2023
  • Tempo di lettura: 4 min

Aggiornamento: 9 mag 2023

Parlare con Giorgio Sumi è stato come iniziare a leggere un libro di Sōseki.

L’epoca in cui viviamo viaggia incredibilmente veloce, come se fosse riprodotta con velocità x2, sembra suggerirci che se non fagocitiamo il mondo subito poi non riusciremo più a farlo. Ogni ambito, sia lavorativo che non, è implicitamente sottomesso alle maglie della fast life, ma una volta ingabbiati, come rallentare?


Spesso si anela al cambiamento senza però sapere bene da dove partire, e a volte basterebbe solo guardare oltre il proprio naso per prendere ispirazione da quelle culture e stili di vita che cercano di rimanere immuni a questa malattia occidentale. I giapponesi godono di quell’incredibile capacità di avere un atteggiamento calmo e disteso nei confronti della vita, di concedersi il tempo di cui hanno bisogno, e imparare anche a correre, ma senza fretta.


Giorgio ha scelto di respirare a pieni polmoni la filosofia nipponica, ricalcarla e trasportarla sia nella quotidianità che nel proprio lavoro. Ci sottolinea la sua concezione estremamente intima e ritualistica del tatuaggio, e del fatto che la fretta sia l’ultima cosa di cui questo ha bisogno.

Ogni progetto, dal più piccolo al più grande, è un abito cucito su misura, è figlio del rapporto tra un artista e chi vuole farsi carico del suo marchio.


Abbiamo incontrato per la prima volta Giorgio da @tambourinesallytattooparlour_ in un uggioso pomeriggio completamente a scatola chiusa, non sapevamo neanche che faccia avesse, ed è stata questa la cosa divertente: a spingerci è stata esclusivamente la curiosità per il suo stile, difficile da imbinariare in una delle macro-categorie del tattoo, ma allo stesso tempo afferrabile da un punto di vista sensibile. Uno stile introspettivo e misterico, esattamente come la mano da cui prende forma.


Tralasciando l’aspetto militaresco, i samurai e l’epoca feudale, Giorgio prende come riferimento quelle scuole artistiche che chiudono il periodo Edo tra parentesi: la pittura Yamato-e e tutto il filone delle stampe Ukiyo-e, ispirandosi in particolare ad artisti come Hiroshige per i paesaggi e Utamaro per i ritratti di beltà. E’ così che la pulizia delle linee, l’eleganza grafica e l’alacre cura per i dettagli intessono legami con aspetti più oscuri e cupi, derivanti da uno sguardo intimo e concettuale.


Il suo percorso artistico inizia con i classici studi accademici, che gli hanno permesso di coltivare in primis la sua passione per il disegno, e poi per tutto ciò che ruota intorno ad esso, passando dal writing per arrivare poi al tatuaggio, con tanto di primi approcci inconsapevoli fatti in cameretta con ago e china. Parallelamente al disegno e al tatuaggio, Sumi (come già suggerisce il nome) nutre fin da giovane una forte fascinazione verso il Giappone, che impregna la sua arte trascinando il pennello in una continua ricerca stilistica.


È proprio il concetto la base da cui parte la costruzione del disegno che poi verrà trasferito su pelle. Più che da simboli o soggetti didascalici, i progetti prendono forma dalla rielaborazione di un’esperienza, una sensazione o un’emozione, che il più delle volte si traduce in un soggetto femminile: la donna come figura che più si addossa tutti i mali del mondo.

Giorgio ci tiene però a precisare di quanto sia svincolato dalla morsa della tradizione, tradizione che di fatto non è sua e di conseguenza permette diversi sperimentalismi e licenze poetiche, unendo elementi contemporanei a quelli tradizionali, che comunque devono mantenere una certa fedeltà ai dettami del traditional giapponese per ottenere una buona composizione.


Allo stesso modo l’uso, o meglio, il non uso dei colori, cataloga ancora meno il suo stile sotto l’etichetta “traditional”. L’utilizzo del bianco e nero deriva dal bisogno di rappresentare una sensazione, che un determinato colore potrebbe andare a distruggere; è piuttosto la modulazione di grigi e la gravità dei contrasti che dona quella patina un po’ fumosa, evanescente e in un certo senso sensibile ai suoi lavori. Questa libertà verso certi dogmi fa da spartiacque tra il punto a favore e la condanna per la creazione del famigerato “proprio stile”, che altro non è che un’imperitura ricerca e tentativo di coltivare un terreno ancora ignoto.


È proprio la ricerca, a spingere il nostro tatuatore a non stanziarsi in uno studio, paese o regione, ma ad avere una prospettiva itinerante e girare per l’Europa, pur mantenendo qualche base di ancoraggio a Berlino, Bologna e Brescia. Dopo la prima guest a Birmingham, Sumi capisce quanto la cultura e il modo di vivere il tatuaggio siano completamente diversi rispetto all’Italia, tanto da spingerlo ad assecondare il proprio

itchy-feet e fame di conoscenza. «Bisogna muoversi se si vuole evolvere», così ci dice, e tuffarsi di testa nelle nuove situazioni, incontrare persone, per alzare la leva alla propria carica di stimoli.


Oggi ci siamo sentiti anche noi un po’ dei viaggiatori, abbiamo passato la lente di ingrandimento sulla carta geografica di un artista che con piacere ci ha raccontato i suoi luoghi e le sue storie. In una stanza dove il tempo sembra essersi fermato le chiacchiere hanno continuato anche off camera, ma noi abbiamo già detto troppo, il resto lo lasciamo scoprire a voi.


TROVI IL VIDEO INTERVISTA COMPLETO QUI


 


- Testo a cura di: @federica_bsx


- Video, Foto e Grafiche: @nonlosorick_art - @richinyrmouth - @zanirhello


- Intervistatore: @zanirhello - @federica_bsx - @nonlosorick_art - @richinyrmouth





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